John Borthwick lo chiama real-time web, l’Internet in tempo reale: è il microblogging che trasforma le nostre vite in un flusso continuo di messaggini alla rete di amici e conoscenti. Sulla scia di Twitter nasce un nuovo spazio sociale, un nuovo modo di comunicare, e forse un nuovo business: c’è chi anticipa 5 miliardi di dollari di future applicazioni commerciali, come l´offerta di sconti e saldi e la pubblicità ad personam inviata agli utilizzatori di Twitter, sulla base dei prodotti e servizi citati nei loro messaggi. “E’ la nuova frontiera dell´innovazione”, dice Borthwick con la convinzione di chi ci ha investito del suo.
Padrone di una società “incubatrice”, lui finanzia dalle 40 alle 50 nuove aziende ogni 18 mesi. E’ uno dei tanti capitalisti a caccia del prossimo Big Bang innovativo, e quindi del prossimo Bill Gates da allevare. Altri capitalisti di ventura puntano sulle applicazioni per l’iPhone della Apple: ogni giorno ne sorgono di nuove, soprattutto dal mondo dei mass media tradizionali che hanno fretta di aprire finestre sul nuovo gadget con cui il pubblico accede alle informazioni. Anche tra i giovani inventori di queste “app” (applicazioni) per i cellulari, potrebbe esserci il futuro Bill Gates. L´idea è quella che l’iPhone con il suo successo ha creato un nuovo contenitore, o “chiave d’accesso”, nuove abitudini di consumo dei servizi, per ora sfruttate solo in minima parte. Quindi The Next Big Thing, il business del futuro, potrebbe essere non l’oggetto iPhone, ma la vendita dei servizi collegati. Un po’ come il vero Bill Gates ai suoi esordi in gioventù pianificò il sorpasso sull’Ibm quando intuì che il software sarebbe stato più importante della tecnologia hardware dei computer.
Non importa se per il momento la maggior parte di queste innovazioni non generano profitti, o sono addirittura in perdita: la voglia di scoprire The Next Big Thing, la prossima Microsoft o Google, richiede in dosi eguali audacia e pazienza. “C’è del metodo in questa follìa”, osserva il settimanale Business Week. L’ultimo sondaggio di Zogby International lo conferma, lo spirito di rischio che contraddistingue il venture capital ha radici profonde negli Stati Uniti: il 67% degli americani è “convinto che solo in America esistono tutte le condizioni per partorire un nuovo caso-Microsoft, l’emergere di un altro Bill Gates”. Cioè il ragazzo capace di costruire dal nulla un impero mondiale. E naturalmente il destino sorriderà a quelli che avranno individuato, e finanziato, il prossimo genio dell’innovazione.
Nella caccia ai giovani promettenti Marc Andreessen sembra dotato di un fiuto speciale. Lui stesso fu, in un’epoca non lontanissima, un quasi-Bill Gates. Protagonista celebre della New Economy, creò uno dei primi motori di ricerca su Internet, la società Netscape. Al suo primo collocamento in Borsa, questa matricola “dot. com” segnò l’inizio del boom speculativo al Nasdaq, la bolla di Internet che fece impazzire i mercati mondiali fino al marzo 2000. Un mese fa Andreessen è tornato all’attenzione della Silicon Valley californiana creando un nuovo fondo di venture capital, focalizzato sui giovani. La dotazione iniziale sembra modesta rispetto ad altri colossi finanziari, appena 300 milioni di dollari. Ma Andreessen è convinto che le regole del gioco sono cambiate anche in questo. Evoluzione tecnologica ed effetto-recessione, dichiara in un’intervista a Fortune, hanno fatto crollare i costi di creazione di una nuova società hi-tech. “Se negli anni Novanta ci volevano 20 milioni di dollari per creare un’impresa e arrivare ad avere il suo primo prodotto offerto sul mercato, oggi la stessa operazione può costare 200.000 dollari, cioè un centesimo”. È meno costoso oggi puntare su una miriade di piccoli geni, sperando che tra loro ci sia il Bill Gates del 2015. Questo non vuol dire che Andreessen disperda le sue risorse finanziarie a 360 gradi. Al contrario, la sua ricerca del prossimo Bill Gates resta molto concentrata. “Niente auto elettrica. Niente Cina, niente India”. È convinto che il prossimo caso-Microsoft o Google nascerà ancora negli Stati Uniti, probabilmente sulla West Coast, e sempre in un’area di innovazioni legata a Internet. Vede un futuro in cui ogni angolo della nostra vita quotidiana sarà a contatto con Internet. “Attingeremo online a tutti i contenuti della tv, dei giornali, delle biblioteche, e non solo”.
Il fiuto di Andreessen, affinato negli anni Novanta, non sembra aver perso il contatto con le nuove leve imprenditoriali. Ha intercettato prima di ogni altro il fenomeno Facebook, diventando uno dei finanziatori del cyber-spazio sociale. E non importa se al loro primo incontro il fondatore di Facebook, il 25enne Mark Zuckerberg, lo “offese” mostrando di ignorare la storia di Netscape. Niente di strano: nel ’96 Zuckerberg faceva la scuola media. Ed è anche meglio che la sua generazione non sappia nulla dei boom precedenti, finiti come il crac della New Economy: così non hanno paura di rischiare. Per provare a diventare il prossimo Bill Gates ci vuole talento ma anche una dose di spericolatezza.
Lungi dall’irritare Andreessen, il gap generazionale eccita il suo istinto da cacciatore di nuovi capitalisti: “Oggi – dice – il 24enne neolaureato in Ingegneria a Stanford ha una visione della tecnologia che spiazza perfino il 29enne. È fantastico, perché a me piace proprio scovare gli enfants prodige, i piccoli geni”. Andreessen siede nel consiglio d’amministrazione di Facebook ed è convinto che diventerà “un’impresa più grande di Apple”. Insieme a Gina Bianchini ha fondato Ning, che conquista nuovi adepti al ritmo di due milioni e mezzo al mese: è una società la cui tecnologia consente di crearsi il proprio network sociale su misura, un sito “di nicchia” per ogni esigenza. Andreessen ha investito in LinkedIn, un altro sito di relazioni sociali specializzato nella dimensione professionale e business, perché è convinto che in futuro sul mercato del lavoro le aziende recluteranno il personale usando proprio questo tipo di strumenti.
La sua visione di un mondo “tutto online” investe ogni angolo dell’economia. È sicuro che le aziende troveranno su Internet ogni servizio di cui hanno bisogno. Anche le attività più tradizionali. Due società che lui sta finanziando, AppNexus e Good Data, forniscono “chiavi in mano” alle aziende tutti i centri-dati di cui hanno bisogno; naturalmente scaricandoli da Internet. È la concezione del futuro online come “la nuvola Internet” in cui saremo immersi. Da questa galassia emergeranno prima o poi anche dei nuovi padroni. I nuovi Bill Gates, appunto. L’ansia di scoprirli fa bruciare ogni tappa. I venture capitalist riuniti di recente in una conferenza d’investitori dedicata al fenomeno Twitter hanno scommesso che questa società entro cinque o dieci anni avrà superato la capitalizzazione di Facebook. La quale è già – sulla carta – astronomica: 6,5 miliardi di dollari. Né l’una né l’altra finora hanno generato profitti. Che importa, l’ansia della redditività nel brevissimo periodo è roba da Wall Street e Goldman Sachs, non è così che si costruiscono gli imperi come Microsoft. È nei vivai che bisogna cercare i veri talenti del futuro. Per esempio tra i giovani che sfornano le “app” per iPhone. Oppure nei creatori di videogame, talvolta poco più che bambini: un mondo scrutato con attenzione dai cacciatori di geni, perché spesso è la prima palestra di allenamento e di selezione degli inventori.
via: La Repubblica ( Federico Rampini )