Venerdi scorso ho partecipato, in qualità di relatore, alla presentazione del libro Nuvole di Byte di Alessandro Prunesti, edito da Edizioni della Sera, e devo dire che l’occasione ha gettato le basi per riflessioni molto interessanti.
Il libro
Nuvole di Byte è un testo che si pone l’obiettivo di analizzare in maniera molto semplice e fruibile quali sono gli utilizzi dei web 2.0 e sistemi informatici in azienda, e non solo.
Innanzitutto non prende in esame solamente il web ma anche gli strumenti propriamente “interni” quali software collaborativi e gestionali, infatti, anche dalle testimonianze del pubblico è emersa un'”emergenza innovativa” anche dal lato desktop oltre che comunicativo.
Non solole aziende italiane si mostrano refrattarie all’utilizzo di strumenti quali Facebook e Twitter per la comunicazione esterna, ma simostrano addirittura ostili ad innovare e svecchiare il proprio apparato software interno, basato ancora su procedure Anni ’80.
Nuvole di Byte adotta un linguaggio semplicissimo, alla portata di tutti, spiegando nel dettaglio ed in breve cosa sta influenzando la comunicazione, il marketing e l’organizzazione stessa delle aziende più all’avanguardia.
Partendo da strumenti che per noi geek sono all’ordine del giorno, quali Facebook, Twitter, Blog, YouTube.. Alessandro tocca temi piùdelicati quali l’adozione dei software opensource in azienda, avvalendosi, nella presentazione, del valido contributo di Gabriele Malcangi.
Considerazioni
La domanda fondamentale è: come mai le aziende si mostrano così diffidenti nei confronti dei nuovi media?
Nel corso della presentazione si è parlato di un “futuro presente”, ma considerando i vari casi di successo di aziende già presenti sul Web 2.0 siamo proprio sicuri si tratti di futuro? Oppure stiamo parlando di un “presente sfuggente” o per certi versi “inesplorato” per le aziende italiane?
Il più delle volte si è soliti pensare che una presenza sui social media per un’azienda sia assimilabile ad una perdita di denaro o all’assunzione eventuale di nuovo personale e quindi, ancora una volta, delle spese senza un ritorno effettivo.
A mio avviso l’eventuale assetto per “affrontare” il web 2.0 non comporta chissà quale sconvolgimento dell’organigramma aziendale o esclusivamente del settore marketing e comunicazione.
Si tratta solo di:
1. Acquisire le conoscenze necessarie a proposito della presenza sui nuovi media
2. Allocare risorse già presenti in azienda
In Italia purtroppo, manca la cultura del web2.0 orientato alle aziende, Facebook ha dimostrato tutta la sua potenza nel boom dello scorso anno, ma questo non ha rappresentato un segnale forte nel panorama dell’impresa italiana se non per qualche caso virtuoso.
Dalla mia esperienza personale posso ricavare il seguente dato riguardante Facebook:
Poche grandi aziende Made in Italy hanno una presenza affermata su Facebook, e generalmente la stessa è gestita da agenzie specializzate, mentre c’è una miriade di piccole imprese che hanno compiuto questo “grande passo” gestendo autonomamente i loro profili, e, limitatamente alla portata del proprio brand, stanno facendo un gran bel lavoro.
Nel corso della presentazione i temi toccati sono stati i più vari, dall’uso aziendale del web 2.0, alla modernizzazione della Pubblica Amministrazione (a tal proposito ho avuto il paicere di segnalare a tutti gli intervenuti il gran lavoro del network InnovatoriPA ), all’utilizzo dei software opensource, il dialogo con tutti gli intervenuti è stato piacevolissimo, non mi resta che invitarvi alle prossime presentazioni qui su Roma.
Tutte le info le trovate sul sito di Edizioni della Sera