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Il rapporto sulla cittadinanza attiva digitale “dal basso” registra un rallentamento del tasso di crescita delle web tv in Italia (+11%).
In testa Lazio (102), Lombardia (85), Puglia (63) e Emilia-Romagna (53).

Cresce l’imprenditorialità: aumentano gli investimenti e i profitti grazie a social network, devices mobili e piattaforme di videosharing.
Meno donazioni (56%) e più rapporti con PMI (80%).
Ma in pochi attingono a finanziamenti PA (12%).

La tv generalista fa meno tendenza, si guarda a mobile (45%) e DTT (39%)
Accessi in crescita, più aggiornamenti quotidiani e squadre più mature.

Ci si occupa di cultura (57%), sport (36%), politica (31%) e cronaca (26%) e crescono i canali verticali (oltre un terzo, 36%).

Con il 2012 l’esercito dei videomaker italiani creatori di web tv ingrossa le sue fila, raggiungendo quota 590 “antenne” distribuite in modo piuttosto omogeneo su tutto il territorio nazionale, con una densità maggiore nel Lazio (102), in Lombardia (85), in Puglia (63) e in Emilia-Romagna (53). Le micro web tv sono aumentate in maniera minore rispetto allo scorso anno, registrando una crescita del +11% (nel 2011 se ne contavano 533 con un aumento del +52% sull’anno precedente), ma sono più strutturate e con obiettivi più chiari.

Così il settimo rapporto Netizen, dedicato agli Internet Citizen, ovvero i cittadini digitalizzati videomaker, fotografa una rete italiana più matura. La ricerca annuale è ideata e promossa da Altratv.tv, osservatorio interuniversitario nato a Bologna nel 2004 e oggi vero e proprio network delle web tv italiane: la mappa interattiva pubblicata su www.altratv.tv recensisce 590 “antenne” e consente di navigarle con un semplice clic nell’area geografica di interesse. Il rapporto Netizen, che si potrà ricevere via mail previa compilazione del form online su www.altratv.tv, è realizzato da un team di giovani ricercatori presieduti da Veronica Fermani sotto la direzione di Giampaolo Colletti. I ricercatori hanno coinvolto le micro web tv italiane (590) e i media digitali locali (815), tutti mappati dal network Altratv.tv.

Le micro web tv italiane – espressione della cittadinanza attiva digitale “dal basso” – iniziano a fare sul serio, diventando vere e proprie start up. Questi canali svolgono un ruolo di presidio territoriale sempre più permanente, sostituendo o integrando in modo sinergico l’informazione locale fino a qualche tempo fa a stretto appannaggio delle tv locali: informano sulla cronaca e sugli eventi del territorio (33%), denunciano ciò che non va (15% si occupa di inchieste), creano un filodiretto tra cittadini e istituzioni (7% ha rubriche specifiche). E se i finanziamenti legati alla Pubblica Amministrazione diminuiscono attestandosi al 12%, migliorano i rapporti: per il 61% c’è riconoscenza e collaborazione tra web tv e PA (nello scorso anno il dato era fermo al 34%). Si incrementano in modo considerevole i rapporti commerciali con le Piccole e Medie Imprese del territorio: l’80% delle web tv intrattiene rapporti di business, realizzando video su commessa (24%) o producendo pubblicità con pre-roll o banner (32%). Diminuiscono le web tv che si basano su donazioni o su risorse degli ideatori (il dato aggregato registra il 56%, sceso di meno della metà rispetto all’ultimo monitoraggio). Più business, con squadre più numerose (il 19% ha una squadra composta da 6 a 10 collaboratori) e mature (oltre la metà, il 53%, ha un’età compresa tra i 31 e i 40 anni, solo il 5% sono net-nativi). E una informazione che predilige il territorio comunicando ciò che accade (33%) e valorizzandolo (25%).

Piccole web tv crescono: così le antenne nate per caso o per passione si stanno trasformando in vere e proprie realtà imprenditoriali. Realtà sempre più strutturate con apparecchiature tecniche professionali (69%), portali aggiornati quotidianamente (53%, erano soltanto 39% nel 2010) e accessi in crescita, in un ecosistema sempre più digitale: aumentano le web tv con accessi in una forbice compresa tra i 7.000 e i 10.000 contatti unici mensili (30%, erano soltanto il 20% nell’anno precedente) e con oltre 10.000 (28%).

E se all’inizio i contenuti trasmessi venivano confezionati utilizzando per lo più formati noti al piccolo schermo, oggi servizi giornalistici e tg (soltanto 10%) lasciano il posto alle interviste (25%) e rubriche di vario genere (16%). Ma è la trasmissione in live streaming a rappresentare la novità del momento (19%), adottata dalla maggioranza dei canali per trasmettere eventi territoriali specifici (73%). La programmazione è differente rispetto a quella della generalista di certa televisione locale: ci si occupa di cultura (57%), sport (36%), turismo (34%), politica (31%) e cronaca (26%). E c’è anche chi inizia timidamente anche a sperimentare una serialità grazie a web series (8%). Crescono, inoltre, i canali verticali (oltre un terzo, precisamente il 36%, nello scorso monitoraggio erano il 26%).

Gli elementi di novità sostanziale sono rappresentati dall’adozione dei social network (per 8 canali su 10) e dalla integrazione con le piattaforme di videosharing: tra queste ultime eccelle YouTube, adottata come business partner per il 72% (nell’anno precedente era fermo al 60%) e si segnala Vimeo per l’11% delle web tv. L’82% delle antenne è su Facebook (e il 70% di loro con una pagina che sfiora i 5.000 fan), il 46% su Twitter e il 37% ha attivato un account su Foursquare e lo utilizza per fare marketing territoriale (nello scorso monitoraggio il dato era fermo al timido 12%). Bassa però la misurazione dell’efficacia dei social network: solo il 16% adotta monitoraggi qualitativi della conversazione in Rete, mentre il 62% effettua valutazioni quantitative e il 22% non monitora numeri e qualità sui social network. Emerge la crescita esponenziale della distribuzione multipiattaforma, che oggi predilige i devices mobili (preferiti dal 45%, a seguire il Digitale Terrestre per il 39%): le applicazioni per smartphone e tablet sono adottate dal 40% dei canali, mentre per il 56% verranno implementate nel prossimo futuro. Per il 14% i download superano le mille unità, ma addirittura il 63% non effettua tracciabilità dei download, non monitorando un servizio che comunque offre e soltanto il 3% applica “offerte pay” o “freemium”.


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